Non solo infrastrutture ma capitale umano preparato
Investire sulle infrastrutture e aumentare le competenze digitali, ormai lo dicono veramente tutti. In Europa siamo solo al 17° posto per l’alta velocità sul fisso. Per questo, anche i nuovi recovery fund puntano tra le varie cose a permettere di investire nelle infrastrutture digitali.
Il digitale non è un settore a sé ma è il motore della spinta all’innovazione di quasi tutti gli altri settori: scuola, sanità, giustizia, imprese, turismo e cultura hanno bisogno di una forte spinta verso la digitalizzazione.
Uno dei grandi problemi del nostro Paese però è dovuto, come vedremo in seguito, alla scarsa propensione delle persone a servirsi del digitale, sia per quanto riguarda l’uso degli apparati (computer, smartphone, tablet) che dei servizi ad essi collegati.
Un po’ di numeri
La relazione DESI (l’ultima è quella di giugno 2019), che rileva i progressi compiuti dagli Stati membri in termini di digitalizzazione, fotografa lo stato dell’unione, da cui possiamo trarre importanti dati per l’Italia. Il nostro paese è 25mo fra i 28 Stati membri dell’Ue nell’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società.
Complessivamente la banda larga è diffusa nel 61% delle famiglie contro il 78% della UE. Quella superiore a 100Mbit/sec è solo del 13%, (media UE 26%) a fronte di una copertura del 30%, con una media UE del 44%.
Siamo posizionati meglio sul settore del mobile con una copertura media del 96% sul 4G, in linea con il resto dell’Europa e addirittura terzi per quanto riguarda il fronte del 5G.
Il problema
Quello che risalta è che a fronte di uno scarso 30% di diffusione di banda ultra larga superiore ai 100Mbit/sec, solo un misero 13% delle famiglie ne ha richiesto l’allacciamento.
Sul fronte delle imprese il dato anche lì è preoccupante, sebbene a livello aziendale non è tanto la larghezza di banda a incidere, quanto la qualità e la resilienza. Nonostante questo, esistono numerosi concentramenti industriali raggiunti solo da modeste ADSL, perché collocati nelle cosiddette aree bianche.
Il problema infrastrutturale esiste eccome, ed è quantomai fondamentale coprire capillarmente il territorio. Con lo sviluppo dello smart working poi, sempre più persone preferiscono lavorare fuori dei concentramenti urbani. Questo però è possibile solo se anche i piccoli paesi sono coperti da connessione veloce.
La digitalizzazione delle persone
Il dato più importante però è sul fronte delle competenze digitali delle persone. Quel dato certificato dall’Unione Europea che ci colloca al 25mo posto su 28 dell’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società ci penalizza sul fronte della competitività.
Soltanto il 42% degli italiani tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base (58% in Ue) e solo il 22% dispone di abilità avanzate (33% in Ue), secondo il rapporto 2020 della Commissione europea. In pratica usiamo internet poco e male.
Cittadini poco propensi alle competenze digitali significa di fatto avere anche lavoratori poco avezzi alle tecnologie. Non dimentichiamo poi che tra le persone fotografate dal rapporto DESI ci sono anche imprenditori e manager.
Complessivamente, e questo è un dato di fatto, la competitività di un Paese oggi passa dal grado di digitalizzazione di tutti i settori. Se però sono le persone a opporsi alla crescita digitale abbiamo un grosso problema. Non c’è anche da meravigliarsi se le infrastrutture italiane sono indietro rispetto a quelle europee. Perché investire miliardi se poi le infrastrutture digitali non vengono usate?
Le competenze digitali
Cosa sono le competenze digitali? Una prima definizione venne data nel 2006 dal parlamento europeo che indicava le otto competenze chiave per l’apprendimento permanente: “La competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione): l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet”. Oggi anche gli smartphone e i tablet fanno parte delle dotazioni tecnologica alla portata di tutti.
Nell’ultimo anno sono aumentati gli specialisti sul fronte tlc, dal 2,6% al 2,8%, ma siamo sempre al di sotto della media europea che si colloca al 3,9%. Le carenze sul fronte del capitale umano provocano ricadute su tutti i settori del digitale. Quindi la carenza è anche sul fronte degli specialisti.
Semplicità e assistenza
Sul fronte dei prodotti specifici per le aziende, possiamo notare che c’è un incremento di soluzioni che vengono incontro alle carenze delle persone in merito a competenze digitali. Ad esempio durante il lockdown, le imprese che disponevano di sistemi di Unified Communications, hanno potuto migrare i lavoratori a casa senza bisogno di particolare formazione. Sono soluzioni usate costantemente anche nella normale giornata lavorativa in ufficio. Questi strumenti sono di per sé semplici da usare e possono dare un vantaggio competitivo alle aziende. Inoltre si interfacciano facilmente con software gestionali e CRM. È importante però affidarsi a chi dispone di un’assistenza tecnica veloce e competente nel caso si presentino problemi.
Rimane ovviamente la necessità per il nostro Paese di formare le persone sulle competenze digitali e di incrementare le infrastrutture anche nei numerosi piccoli distretti produttivi. Anche i piccoli borghi posso rinascere se dotati di connettività veloce. Sul fronte prodotti e servizi è fondamentale che siano semplici da usare. Del resto il grande successo dei social network sta nella loro potenza e semplicità.
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